Luca Boschi
Giornalista, critico, scrittore, fumettista e blogger
Gaetano Liberatore, il Michelangelo Postmoderno
La carriera fumettistica di Gaetano Liberatore, in arte “Tanino”, si apre nel 1978, quando il suo nome si associa a quello di altri grossi nomi del fumetto d’autore italiano di quegli anni, da Andrea Pazienza a Stefano Tamburini, da Massimo Mattioli a Filippo Scòzzari. Quando Liberatore si avvicina a questo ineffabile quartetto, impegnato a confezionare la rivista autoprodotta e del tutto autonoma contenutisticamente Cannibale, è ancora studente di architettura Gaetano, detto Tanino, compagno di scuola di Pazienza ai tempi del Liceo Artistico di Pescara.
Folgorato da un fumetto da poco uscito sul mensile Alter Alter, Armi, realizzato da Andrea Pazienza, Liberatore si spinge fino alla cittadina di San Menaio per complimentarsi con il vecchio amico pugliese. In men che non si dica, Pazienza lo dirotta a Roma in casa di Massimo Mattioli: l’obbligato punto di riferimento, in assenza di una redazione vera e propria. È Scòzzari a registrare il primo, pittoresco impatto con i futuri associati della casa editrice Primo Carnera: “Quando Liberatore entrò, Stefano se lo misurò da capo a piedi, e ne ricavò l’impressione di un montanaro irredimibile. Giaccone di velluto color diarrea di negro malato, barbaccia nerissima, goluàs puzzose, un accento tra il neolitico e il variété.
“Alcune tavole di un fumetto di fantascienza avvalorarono la sua diagnosi, ma quando Tanino tirò fuori anche dei pazzeschi ritratti a tempera di Robert Wyatt, Frank Zappa e Brian Eno, Stefano (Tamburini, NdR) trasecolò. Non tanto per la loro bellezza, quanto per il fatto “che ne sa un montanaro come te di questa musica?” Scoprì con delizia che non solo ne sapeva dieci volte più di lui, ma la ascoltava pure, e aveva i suoi stessi gusti. Fantastico. Era andata.”
A Tanino spetta l’onore della copertina del successivo numero di Cannibale, dove raffigura una sorta di beatnik intento a mangiare con accanimento le proprie carni, mentre lancia ai lettori un vorace sguardo di sfida.
Per dirla tutta, nella prima versione dell’illustrazione, Tanino aveva disegnato in quei panni lo stesso deus ex machina della rivista, Stefano Tamburini, ma poi si ripiega sul personaggio anonimo definitivo, forse perché Stefano (anzi “Stèfano”, con l’accento grave sulla “e”, come tutti lo chiamano e come lui stesso si firma) non ama vedersi ritratto in quell’atteggiamento.
Mentre muove i suoi primi passi come fumettista su Cannibale, Tanino disegna già con l’abilità del cartoonist consumato, nutritosi alla scuola dei fumettisti americani classici, quelli abituati a servirsi semplicemente di inchiostro di china e pennellino di martora, prima dell’avvento del retino degli “effetti speciali” cromatici. Benché non si sia formato sin dall’infanzia sui fumetti (legge e osserva praticamente solo le storie della EsseGesse: il trio Guzzon Sinchetto Sartoris, quello del Grande Blek, di Capitan Miki, di Kinowa), Liberatore è in possesso sin dall’inizio della sua attività di cartoonist di una pennellata matura e guizzante alla Will Eisner, il geniale padre del detective mascherato The Spirit, e inventore delle graphic novel, le cui storie compaiono in quegli anni anche in Italia sulla rivista Eureka. Il modo adottato da Liberatore per definire i contorni e le ombre nelle tavole, gestire i chiaroscuri, creare volti e fisionomie dei personaggi rimanda inevitabilmente alla cosiddetta “scuola raymondiana”: un’impostazione che il grande Alex Raymond ha divulgato negli anni Trenta del secolo scorso soprattutto tramite il ciclo di Flash Gordon, e che ha influenzato una buona parte dei disegnatori italiani, da Aurelio Galleppini (Tex Willer) a Erio Nicolò (Principe Chiomadoro, I Laramy della valle), da Raffaele Paparella (Pecos Bill) a Mario Uggeri (Rocky Rider). Questa linea grafica classica, quando viene assorbita e modificata da Liberatore rivela però dei tratti originalissimi ricollegabili all’inquietudine tipica dei ragazzi italiani degli anni Settanta: i gruppi protestatari collegati al movimento studentesco, determinati alla ribellione urbana e alla fronda persino verso le sinistre istituzionali (Partito Comunista e Partito Socialista) che governano le regioni più avanzate della Penisola, in particolare Toscana ed Emilia Romagna.
È l’epoca del Desiderio e della caduta dei tabù, sia nella cultura italiana che in quella dei “cugini d’Oltralpe”, dove cominciano a tessere le loro teorie sociali i cosiddetti “nuovi filosofi”. È l’epoca in cui i giovani cominciano a usare contro il Potere le armi della beffa e del divertimento, dando vita a quelli che all’epoca si autodefinivano “Indiani metropolitani”. In questo clima, Tanino contamina il suo tratto oggettivamente “bello” e tradizionale, pescando in via incidentale qualche suggestione perversa nella bolgia dell’underground di artisti ribelli che si chiamano Robert Williams, Justin Green, Greg Irons, Spain Rodriguez.
Da un lato, quindi, Tanino elabora un suo personale modo di interpretare graficamente il Fumetto facendo leva sui freschi studi accademici, che mette a profitto sfoderando un invidiabile repertorio di stilemi classici, appresi da Michelangelo, da Leonardo, da Pontormo. Piegando queste radici scolastiche alle esigenze di trame inconsuete, marginali e trasgressive, Liberatore si guadagna l’ammirazione dei freaks suoi coetanei, il pubblico al quale in prima istanza la rivistina Cannibale è destinata. Nel contempo, il disegnatore di una Saturno contro la Terra di zavattiniana memoria completamente riveduta e corretta raccoglie anche la stima dei cultori del buon fumetto tradizionale, degli ammiratori di Al Williamson e di Noel Sickles: una categoria di appassionati che altrimenti avrebbe snobbato senza appello il gruppo dei “cannibalisti”, dissentendo a priori dai contenuti della rivista.
Con la nascita della rivista Frigidaire, lanciata nell’autunno 1980 dalla neonata casa editrice Primo Carnera in coincidenza con il Salone Internazionale dei Comics, Stefano Tamburini cede la parte grafica del suo Ranxerox a Liberatore, che disegna tavole meravigliose, pittoriche, tridimensionali di una Roma futuribile molto americana e di una New York quasi da dopobomba. Va da sè che quando Liberatore, anni dopo, si recherà sul serio negli Stati Uniti, scoprirà luoghi in cui il misto inscindibile tecnologia e degrado avrà creato panorami ben più spaventosi e angoscianti di quelli nati dalla sua immaginazione. A gestire Frigidaire, inventando un mix di fumetti e di servizi e reportages di attualità sensazionali e scomodi, è il giornalista Vincenzo Sparagna, il cui nome si unirà negli anni successivi a quelli dei “fantastici cinque”.
Ranxerox, che prima del personaggio di Massimo Zanardi, creato da Andrea Pazienza, diventa una sorta di bandiera di Frigidaire e dei primi anni Ottanta del Fumetto italiano, dimostra ben presto una gestione piuttosto complicata, specialmente dal momento in cui, nel 1982, Liberatore si trasferisce a Parigi accrescendo rapidamente la sua fama internazionale, mentre Tamburini se ne rimane a Roma a gestire la grafica e varie rubriche della rivista.
“A volte la posta ci faceva aspettare un sacco di tempo”, commenta in proposito Tanino, ricordando quel periodo. “E dopo che avevo disegnato le vignette a matita non arrivavano mai i testi di Stefano. Lui mi mandava il soggetto col numero di vignette da disegnare per ogni pagina e le indicazioni generiche di quello che avrei dovuto metterci. Le inquadrature, le scenografie e le caratterizzazioni dei personaggi erano un compito mio. Era un buon metodo di lavoro, perché non sarei mai riuscito a rispettare delle sceneggiature molto dettagliate.”
Pubblicato in molti paesi, costantemente in ristampa, Ranxerox si segnala come uno dei personaggi più rappresentativi del Fumetto italiano: una figura caratteristica e fortemente personalizzata che, pur nella relativa esiguità numerica delle sue tavole, dialoga alla pari con la Valentina di Crepax, il Corto Maltese di Hugo Pratt, lo Zanardi di Pazienza e con eroi popolari tipicamente italici come Tex Willer e Diabolik.
In Francia, Liberatore conferma e accresce il suo status di star del nuovo fumetto europeo. È molto apprezzato sia come illustratore (su riviste come Transfert, Métal Hurlant, (à Suivre)) che autore completo, come si dice con una brutta espressione, lavorando per L’Echo des Savanes e Chic. In terra francese, l’autore trascura in gran parte i fumetti in favore dell’arte, particolarmente la pittura con tecnica mista, partecipando anche a realizzazioni cinematografiche, fra le quali spicca, nel 1984, il film Ghostbusters, diretto da Ivan Reitman.
La terza parte, per il momento conclusiva, della saga di Ranxerox è realizzata da Liberatore su testi del francese Alain Chabat a metà anni Novanta (in Italia esce a puntate nel 1996). Da allora, l’impegno fumettistico quasi esclusivo di Liberatore diviene il complesso e faticoso progetto di Lucy realizzato graficamente impiegando per la prima volta una tecnica di computer graphic che conduce a risultati di taglio iperrealista.
Testo tratto dal catalogo Comicon 2009: Tanino Liberatore. Un Michelangelo post-moderno